Ecclesia Sancta Maria in Potestate Doliana

La penetrazione del cristianesimo in Langa è piuttosto tardiva rispetto agli altri centri della pianura. La prima presenza documentata di un vescovo in Alba risale al 397.

All'inizio del '400 inizia la diffusione del cristianesimo nella valle del Tanaro e nelle Langhe

In questo periodo avviene la fondazione delle prime chiese rurali dedicate alla Madonna e a S: Pietro, poste principalmente lungo le strade romane, che partivano dai tre principali insediamenti che erano Augusta Bagiennorum, Pollentia e Alba Pompeia.

Nel doglianese ci sono fondati motivi storici per ritenere che il cristianesimo sia penetrato gradualmente dalla vicina regione Roncaglia (Benevagienna), dove si trovava l'antica Augusta  Bagiennorum.

Da qui i Bagienni, colonizzati e ormai integrati con i Romani, puntando verso Lequio  Tanaro, raggiunsero S. Maria del lago, scesero nella vallata del Tanaro attraversandolo in località  Viaiano, risalirono sulla terrazza alluvionale di Piancerretto passando per la Cologna (Pieve  soprana), per poi scendere in località Marsain, attraversare il torrente Rea e giungere la Pieve sottana. Dalla valle del Rea risalirono poi fino a S. Quirico e si diramarono verso l'alta langa. 

Facendo capo ad Alba come sede vescovile sorgono quindi le prime comunità cristiane (plebes), con la costruzione di capellae e di ecclesiae (con un presbiter).

La prima chiesa doglianese risulta essere la Pieve di Santa Maria

Non è però accertato se l'edificio che si fa risalire probabilmente al VII secolo si trovasse in località pieve soprana o pieve sottana.

L'insediamento romano nella vallata del Rea comunque risaliva già al primo secolo D.C., come testimoniano numerosi ritrovamenti di lapidi e tracce di necropoli conservate nel museo di Dogliani. 

Tracce di incendi sui muri perimetrali più antichi fanno pensare ad una probabile distruzione tra la fine dell'800 e la prima metà del 900, durante le scorrerie operate dagli Ungheri e dai Saraceni, che misero le nostre zone a ferro e fuoco lasciando desolazione.

L'imperatore germanico Ottone I, passando con il suo esercito nel 967, così annotò: "...transivimus per deserta langarum et  reliquimus ea sine tributo...." (siamo passati per i luoghi desolati delle langhe e li abbiamo dispensati dal pagare tributi). 

Fondata dai monaci benedettini, fu più volte ricostruita e il suo nome, così come quello di Dogliani, compare per la prima volta in una bolla del 1095 del Papa Urbano II: "......ecclesia Sancta Maria in potestate Doliana....".

Dalla bolla si apprende che l'edificio dipendeva dalla Canonica di Oulx, alla quale era stata donata dai Marchesi di Susa, allora padroni di Dogliani. Nel 1120 la sua giurisdizione era però già passata all' Abbazia di Ferrania, fondata nel comune di Cairo nel 1097 da Bonifacio Marchese del Vasto, che nel frattempo aveva conquistato Dogliani. 

Nel 1322 passò ai Marchesi di Saluzzo, che nel 1377 la cedettero agli Scarampi, ricca famiglia di banchieri astigiani. Con gli Scarampi il comune di Dogliani sostenne lunghissime liti,  che durarono fino alla metà del '700. L'oggetto principale delle controversie era il pagamento della dona, che consisteva nella donazione annuale di 204 sacchi di frumento, 204 di fave e 2 o più rubbi  di carne di maiale da distribuire ai poveri di Dogliani.

Un altro motivo di disputa era l'esenzione della Pieve dal pagamento delle imposte cui era assoggettato il territorio. Considerando che a quel tempo i possedimenti della Pieve ammontavano ad oltre 500 giornate, suddivise in due cascine (soprana e sottana), date di regola in affitto, si può intuire come gli allora amministratori di Dogliani mal sopportassero il fatto che un lontano e sconosciuto abate potesse godere di una rendita così cospicua, senza contribuire in alcun modo ai bisogni, alle spese e alla sicurezza della comunità locale. 

Nel 1687 la Pieve fu interamente ricostruita nella forma attuale

Vennero eretti tre altari ed antistante portico. I lavori furono eseguiti secondo il capitolato stipulato tra il Priore Giovanni Antonio Orta (in rappresentanza dell'abate Scarampi) e Francesco Rocha, mastro da muro di Cherasco. Nella riedificazione, come spesso accade, si riutilizzarono parte delle strutture murarie perimetrali preesistenti, così come fu lasciata la vecchia torre campanaria, mozzata e racchiusa nella copertura, per costruire un nuovo piccolo campanile ad arco nello stile dell'epoca. 

Nel 1792 Vittorio Amedeo di Savoia, col consenso del Papa, riuscì a sottoporre ai tributi i beni ecclesiastici (riforma che porta la firma del doglianese conte Giuseppe Ignazio Corte, Gran Cancelliere del Re); e così anche i beni della Pieve entrarono nel diritto comune, e nei registri catastali del 1789-93 compare la Commenda della Pieve con giornate 323. 

Con l'occupazione francese del 1796 la Commenda della Pieve fu tra le più tassate insieme con il Convento del Carmine.

All'inizio del 1800 le due istituzioni furono soppresse e le loro proprietà smembrate. Da allora i beni passarono di mano in mano a vari proprietari locali. 

I due nuclei della Pieve soprana e della Pieve sottana passarono in proprietà delle famiglia Bosio e Montaldo. Nel 1920 Teobaldo Montaldo consentì nuovamente la riapertura al culto della cappella e istituì un Consiglio di amministrazione tra gli abitanti della frazione.

Nel secolo scorso si avvicendarono, con ulteriori smembramenti dei beni, le famiglie Grasso e Chionetti, fino agli attuali proprietari

Dei tre altari preesistenti rimane solo quello principale, ligneo, di pregevole fattura barocca, a colonne tortili, con alle basi lo stemma del leone rampante con la duia, simbolo del comune di Dogliani. Si può presumere che l'altare, probabilmente recuperato da altra chiesa doglianese, abbia sostituito quello iniziale (del quale rimangono le tracce murarie), poiché di epoca di poco precedente alla ricostruzione del 1687.

Di recente è stato oggetto di un accurato restauro insieme con la bella pala raffigurante la scena dell'Annunciazione.